Agli inizi degli anni ’90 un incontro casuale ha cambiato profondamente il mio percorso professionale. Un medico radiologo americano di origini cinesi, stava perfezionando la criochirurgia, portandola dall'ormai conosciuto e consolidato uso in dermatologia, alla sua applicazione in oncologia. A lui dedico l’incipit di questa pagina e una foto (forse più di una) nel mio studio di Trieste.
Il visitatore troverà su questo sito notizie riguardanti alcuni aspetti della medicina. Non tutto riflette totalmente l'opinione dello scrivente, ma ciò nonostante è stato riportato perché di natura rilevante o interessante. Le immagini di seguito conducono a sezioni che trattano in modo più specifico l'urologia e la criochirurgia oncologica. Poco sotto invece, una breve critica (in senso filosofico) alla medicina dei giorni nostri e al futuro che le si prospetta, ricollegandosi al problema di essere non solo Dottore in Medicina, ma anche e sopratutto Medico.
Verso dove si muove la medicina
La medicina moderna è influenzata dalla tecnologia e dalla ricerca; quello che ora appare il destino più prossimo della medicina e della chirurgia è la possibilità di curare le malattie con sistemi minimamente invasivi e mirati. Esempi di tale approccio sono farmaci sempre più specifici e perfezionati, le tecniche ablative percutanee come la criochirurgia (link interno), le ablazioni Laser e le terapie avanzate. Queste tecniche si impongono sempre più come valida alternativa alla chirurgia classica che prevede interventi a cielo aperto, decisamente di maggior impatto sul corpo umano, ricche di una procedura consolidata ma non sempre efficaci in singoli particolari casi.
Lo studio ed il miglioramento procedurale delle direttive scientifiche, burocratiche e politiche però, sono spesso volti a salvaguardare interessi di terzi rispetto all'efficienza diagnostica e terapeutica diretta al paziente.
Se si pensa, la prevenzione stessa (che è il primo strumento in mano al paziente e al medico) soggiace a limiti economici e culturali, spesso causando aspettative eccessive o, frequentemente, problemi legati a una diagnosi inutilmente aggressiva di patologie che una volta diagnosticate rischiano di trasformare uomini altrimenti sani, in pazienti da curare. Inoltre tali diagnosi aggressive (e le terapie conseguenti) impegnano inutilmente risorse eccessive e, come viene talvolta dimostrato, senza che vi sia un prolungamento o un miglioramento della vita. Un esempio fra tutti, poichè coinvolge la mia professione, è il test del PSA (antigene prostatico specifico) recentemente criticato per il suo eccessivo e superficiale uso in campo diagnostico.
La relazione umana tra medico e paziente viene così sostituita da automatismi codificati da minuetti procedurali volti principalmente a salvaguardare l'operatività dei sanitari da rischi di natura legale, siano essi tecnici, infermieri, medici, chirurghi o amministrativi.
La trasmissione delle conoscenze nell'insegnamento della medicina appare sempre più limitata ad addestrare i futuri medici a una corretta applicazione di queste procedure schematiche che altri "saggiamente" hanno allestito. Non viene più richiesta iniziativa o ricerca di soluzioni alle problematiche del paziente, inteso come essere umano con una sua storia e un suo posto all'interno di un mondo circostante, ma piuttosto sono richieste reazioni meccaniche e automatiche dominate dal principio di causa ed effetto, al punto che si potrebbe addirittura ritenere che tali "prestazioni mediche" potrebbero essere meglio fornite da una macchina o da un computer.
Finalmente il "Disegno" che sembra voler rendere obsoleta l'affermazione che la medicina è un'arte, raggiunge il suo scopo:
distributori automatici di salute, dotati di cervelli elettronici e archivi digitali di dati, connessi a magazzini per farmaci e a bracci elettronici specializzati per le operazioni chirurgiche, prenderebbero il posto dei Medici nella cura dei Pazienti.
I medici diventano così servitori, accessori biologici di tali macchine erogatrici di "salute" ad altri servitori schiavi anch’essi del sistema economico/politico globale: la complice deresponsabilizzazione dell’azione del medico ottenuta mediante la rimozione della sua libera iniziativa individuale lo metterebbe finalmente al riparo dai rischi legali legati alle rivendicazioni dei pazienti. La conseguenza è che il paziente-uomo diventa strumento inconsapevole di un Anonimo e astratto "bene sociale maggiore", e non il fine in cui si realizza il bene sociale maggiore nella sua capacità di incontrare la domanda più profonda di guarigione dell'uomo-paziente.
Questo è il quadro verso il quale una parte della moderna medicina si muove. Il sistema è sempre più efficiente e privo di errori mentre il fattore umano si ritira con l’eclissarsi della coscienza responsabile. Il sistema sanitario si avviluppa su se stesso, implodendo mentre i suoi ingranaggi grippano e la spesa insostenibile esplode.
Per questi motivi l'insegnamento degli antichi maestri è sempre più attuale. Diceva Ippocrate:
"L'apprendimento dell'arte (medica - conoscenza) è lungo, il tempo a disposizione per approfondirla è breve, l'occasione che si dà per studiarla è fuggevole, l'esperimento è pericoloso, il giudizio su quanto si osserva è difficile".
Quanto qui citato e liberamente tradotto, fu concepito da Ippocrate di Kos (o Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.). Egli fu medico, geografo e aforista greco antico, viene considerato il "padre" della medicina. Egli rivoluzionò il concetto di medicina distinguendola da altri campi con i quali era tradizionalmente associata la teurgia e la filosofia, stabilendo così la medicina come professione. Ippocrate ebbe il merito di far avanzare notevolmente lo studio sistematico della medicina clinica, riassumendo le conoscenze mediche delle scuole precedenti e di descrivere le pratiche per i medici attraverso il Corpus Hippocraticum e altre opere. Per primo cominciò a introdurre una visione complessiva del paziente all'interno del contesto in cui egli viveva.
Per concludere con un po’ di speranza: se la situazione attuale appare sempre più antitetica alla visione “classica” della medicina, non si può non sperare che un giorno la pratica medica arrivi a un punto di sintesi, una conclusione adeguata e saggia che cambi e migliori la medicina definitivamente piuttosto che condurla a un collasso della Sua arte.
In questa prospettiva bisogna augurarsi che i principi ispiratori contenuti nel lascito ippocratico continuino a vivere fruttificando nell’evolversi della medicina e questo è un compito arduo che auguriamo a tutti i medici di poter mantenere.