La prostata è una piccola ghiandola maschile a forma di castagna posta tra vescica, retto e pube.

In oltre il 10 % degli uomini nella prostata si sviluppa un tumore clinicamente manifesto nel corso della vita e circa il 30 % dei malati ne muore. Purtroppo questa malattia ha un decorso subdolo e  raramente dà sintomi precoci. La maggior parte degli uomini ritiene che i sintomi legati ai disturbi della minzione siano un campanello d'allarme per tutte le affezioni della prostata, mentre invece, generalmente, questo è vero solo per quadri avanzati di tumore. Nella maggior parte delle volte i disturbi sono legati all'ingrossamento prostatico di tipo benigno e il fatto che vi sia anche un tumore rappresenta una coincidenza non legata da relazioni causali.

Le cure possibili attualmente maggiormente in uso sono: l'intervento chirurgico di asportazione della ghiandola, la radioterapia esterna o quella interstiziale con semi radioattivi, la criochirurgia, la terpia ormonale o, come suggerito in alcuni paesi per specifiche condizioni, il semplice controllo osservazionale senza terapie specifiche.

Un recente articolo apparso sul Corriere della Sera a firma dell'ex ministro della sanità Veronesi, ha suscitato un giusto interesse focalizzando l'attenzione dell'opinione pubblica sul problema del cancro della prostata, della sua cura e prevenzione. In effetti in tutto il mondo esiste una notevole sottostima della risorse necessarie ad affrontare questo problema. A paragone di quanto generalmente investito nei programmi di prevenzione di altre patologie simili, come il tumore al seno, non si è fatto ancora abbastanza. Anzi si potrebbe dire che che la popolazione di sesso maschile è stata in larga misura trascurata e in alcuni paesi addirittura abbandonata a sé stessa.

Bisogna però anche ammettere che la questione dei programmi di screerning per la diagnosi precoce delle malattie non è così semplice come a tuttaprima si potrebbe pensare: in questo momento critico per le economie di tutti i paesi dobbiamo interrogarci su quale sia la maniera ottimale di utilizzare le limitate risorse economiche disponibili per la salute generale.

Due sono i punti di vista che si fronteggiano: da una parte il singolo individuo che ha il sentimento di avere il diritto di chiedere che la società si faccia carico non solo della cura di tutte le malattie che dovessero occorergli, ma anche di tutte le prevenzioni possibili, dall'altra la serie dei responsabili preposti ai vari livelli amministrativi della cosa pubblica i quali hanno il dovere di indirizzare razionalmente le risorse disponibili (che sottolineamo essere sempre più limitate) verso progetti con il miglior rapporto di costo-beneficio.

Il punto è decidere su quali programmi di prevenzione e cura concentrare gli sforzi. Poiché risulta evidente che non vi sono possibilità illimitate, si tende a concordare sul fatto che le patologie da prendere in esame dovrebbero riguardare il maggior numero possibile di persone e che inoltre le cure disponibili dovrebbero essere in grado di incidere in modo significativo sulla durata e la qualità della vita delle popolazioni sottoposte a questi accertamenti di massa.

Non vi sono scelte automatiche e ovvie.

Nel caso della malattia tumorale prostatica le scelte sono guidate da considerazioni  complesse e spesso in contraddizione tra di loro. Proviamo ad elencarne almeno alcune:

1.Da circa 15 anni un semplice esame del sangue, il dosaggio dell'Antigene Prostatico Specifico (PSA), unitamente ai miglioramenti dell'ecografia e biopsia prostatiche hanno permesso di scoprire un enorme numero di tumori;

2.è difficile prevedere con sicurezza in quali casi la malattia scoperta sarebbe evoluta in modo clinicamente manifesto o peggio letale senza tale diagnosi precoce (e questo perché in molti casi il tumore si sviluppa molto lentamente nel corso degli anni e pertanto le cure, che sono spesso aggressive, eseguite su persone anziane potrebbero anche non modificare in modo significativo la durata e la qualità della vita, ma addirittura influenzarle negativamente);

3.negli ultimi anni il numero delle diagnosi precoci è in aumento e si assite ad una veloce migrazione verso gli "stadi bassi dei tumori scoperti";

4.cominciano ad apparire dati statistici secondo i quali il numero dei decessi per cancro prostatico starebbe diminuendo anche se in  modo lento e relativamente modesto (ad esempio negli USA si è passati dai 32.376 decessi del 1990 ai 31.900 del 2000); è lecito ipotizzare che tale miglioramento sia conseguente al maggior numero di pazienti operati o trattati in fase precoce;

5.su "Evidence Medicine", testo informativo che analizza la letteratura scientifica mondiale per offrire suggerimenti e linee guida su un gran numero di patologie, che è stato tradotto e distribuito a 50.000 medici di base a cura Ministero della Sanità, si osserva, tra l'altro, che nei casi iniziali :

  1. Non vi sono prove significative che dimostrino la superiorità di uno qualsiasi dei metodi di cura del tumore prostatico rispetto all'altro, anche a paragone della cura ormonale medica;
  2. Non vi sono prove convincenti che una qualsiasi cura migliori la sopravvivenza rispetto alla semplice osservazione clinica.

6.non esiste cura medica o chirurgica che sia priva di effetti collaterali importanti e rischi;

7.anche se molti specialisti ritengono che un dosaggio del psa eseguito  annualmente dopo i 50 anni sia utile, non vi è uniformità di pareri tra diverse organizzazioni mediche sui criteri di utilizzo dei programmi di diagnosi precoce;

8.gli individui di colore e i parenti di soggetti con tumore alla prostata hanno un tasso di rischio più elevato rispetto alla restante popolazione;

9.la dieta povera di carni rosse e grassi animali e ricca di frutta e verdura sembra influenzare positivamente l'insorgenza e l'eventuale decorso delle malattie tumorali prostatiche;

10.chi sa di avere una malattia tumorale vive con angoscia insieme ai suoi cari la sua situazione;

11.non esiste una uniformità di pareri nella classe medica su quale sia la cura ideale attualmente disponibile per le diverse forme di tumore prostatico;

12.la ricerca medica propone continuamente nuove tecniche chirurgiche, radioterapiche o mediche per la cura di questa malattia, ma sono necessari molti studi con migliaia di pazienti seguiti per 10 o anche 15 anni prima di poter dare dei giudizi conclusivi sulla reale efficacia dei nuovi metodi proposti;

13.il grado di attenzione sul tumore prostatico è in continuo aumento e, a questo riguardo, sono particolarmente significative ed istruttive le pagine su internet delle associazioni dei pazienti che si trovano a dover combattere questa malattia. Un esempio illuminante per tutti è www.paactusa.org fondata nel 1984.

Risulta pertanto evidente dalle pur succinte ed incomplete considerazioni precedenti che il problema del tumore prostatico non è stato ancora del tutto definito. Non vi sono risposte universali e consolidate, ma solo molte domande ancora aperte.

Ad ogni modo, anche se non ancora con certezza assoluta, l'utilità dei programmi di sceening sembra superare la supina accettazione degli eventi. Ma non vi è dubbio che l'eventuale miglioramento dei tassi di letalità per questa patologia ha un costo sociale elevatissimo in termini di impegno per la diagnosi e poi ancora di più per le cure che si rendono inevitabili una volta scoperta la malattia. A questo riguardo risulta evidente che, per la nostra comune sensibilità, non è accettabile attendere gli eventi essendo sottoposti solo a sorveglianza medica senza cura specifica come suggerito da alcuni criteri guida stranieri.

Il fatto che alcune categorie di persone, per fattori di rischio o per età, possano sicuramente giovarsi di uno screening pubblico per migliorare le aspettative di vita e che quindi su di esse valga la pena di concentrare gli sforzi, non significa che anche gli altri soggetti non possano individualmente decidere di attuare un loro personale programma di prevenzione. Per questo l'informazione è importante.

Non possiamo certo pretendere che il paziente si faccia carico di risposte che talvolta anche noi medici e specialisti non sappiamo dare con totale sicurezza, ma  nemmeno i medici possono essere costretti a millantare certezze assolute solo per infondere fiducia in metodo di cura o di screening oppure in un altro. Se essere pazienti può essere molto difficile bisogna anche accettare il fatto che anche il compito del medico non è sempre facile, asettico o taumaturgico.

In conclusione credo sia utile offrire uno spunto indicativo per tutti noi: è necessario che ogni paziente accetti,  ricerchi e impari a discutere con fiducia i problemi relativi alla propria salute con il suo medico di base. Il medico di fiducia deve essere sempre il suo primo interlocutore e consigliere. Naturalmente è anche importante il giudizio critico che deve essere costruttivo e positivo e che ci deve guidare tutti, medici, pazienti ed amministratori nella scelte da prendere e nei suggerimenti da dare.